Gerontocrazia. Di questo vorrei parlarvi oggi.
Lo so, dovrei parlarvi di scuola e forse un po’ lo farò, d’altronde se parli di ragazzi inevitabilmente finisci per parlare anche di quella.
Dovrei parlarvi di resilienza, ancora una volta potrei dirvi come aiutare i nostri ragazzi a continuare a reggere, a tenere duro, a non demoralizzarsi nonostante sia tornata la DAD, la DDI, le quarantene folli e le solite mille regole rigide, nonostante le nuove restrizioni che, dopo due anni di pandemia, stanno appesantendo le vite di tutti (figuriamoci quelle dei giovani!).
E invece no. Perché se i vostri figli ora non ne possono proprio più, se sono arrabbiati, se qualcuno alza bandiera bianca e molla la scuola o lo sport, se stanno incollati ore al cellulare e non escono più di casa o se, al contrario, escono troppo, se insomma si sono ‘sonoramente rotti le palle’ di come cavolo li facciamo vivere da due anni, ecco non potete far altro che dire loro: << Avete ragione>>.
Altro che tenere duro, fare un ultimo sforzo e continuare a sacrificarsi per ‘il bene comune’! Ancora?!
Gerontocrazia, dicevamo. Parola strana, vero? Eppure la viviamo ogni giorno, la vivevamo ben prima dell’era Covid, solo che prima era più velata, la pandemia ha tolto ogni maschera.
Il vocabolario Treccani la definisce come “Governo oligarchico degli anziani, la detenzione del potere da parte delle persone anziane; il termine è usato polemicamente con riferimento alla classe dirigente composta da persone anziane, senza ricambio al suo interno”.
Che fosse chiara nella politica (quante cariatidi ancora siedono in parlamento?), che fosse evidente nelle (im)possibilità di carriera lavorativa (se non hai almeno 40 anni in Italia non ti danno credibilità lavorativa), che fosse palese guardando il funzionamento del nostro welfare (ci sono giovani con lavori precari e anziani a cui paghiamo pensioni d’oro da più di 30 anni) lo sapevamo benissimo.
Ma da due anni a questa parte c’è una narrazione sui giovani che ho trovato leziosa, agli inizi, e irritante ed odiosa, attualmente.
Facciamo un excursus degli ultimi due anni:
– Nella primavera del 2020 l’Italia si guadagna il primato di essere il paese europeo che chiude la scuola per prima e la riapre per ultima. Prima è ripartito il lavoro, poi la scuola. Già lì si capiva come la scuola non fosse ritenuta una priorità e, con lei, gli studenti. Gli adolescenti sono portati in palmo di mano come coloro che si sono sacrificati ‘per salvare i nonni’; gli eroi del lockdown, all’inizio, insieme ai sanitari. Peccato che in quella prima fase di Covid nessuno li coinvolga in progetti che li valorizzino, in tavole rotonde sulla ripartenza, nessuna opinione raccolta sui tre mesi di Dad e su quali riforme vorrebbero per la scuola. Le oligarchie del CTS decidono per loro. Gerontocrazia!
– Da settembre 2020 all’estate 2021 assistiamo all’arcobaleno delle regioni, i lockdown, la scuola chiusa e che riparte a singhiozzo, i protocolli, le mascherine e il distanziamento a scuola, in alcune regioni bambini e ragazzi si beccano mesi e mesi di Dad aprioristica, perché la scuola è la cosa più facile da chiudere. Nessuno perde lo stipendio e ‘il servizio viene erogato’ (la didattica a dispenser!). La Dad da strumento di emergenza sembra diventare una prassi, evocata ad ogni picco di contagi.
– I ragazzi sono quelli ‘sacrificabili’, sempre, perché l’economia deve andare avanti: in zona rossa è quasi tutto aperto ma la scuola in presenza no, lo sport giovanile si ferma tranne per gli atleti agonisti (almeno loro!), gli adulti vanno al lavoro e i ragazzi restano chiusi nelle loro stanze dietro ad un pc, e così dopo, in un attimo, i ragazzi da eroi diventano ‘gli untori’, giudicati irresponsabili se, stufi delle troppe reclusioni, se ne vanno in giro lo stesso, o se si lamentano della Dad. Forza ragazzi, un ultimo sforzo per combattere il virus, non vorrete mettere di nuovo in pericolo i nonni? Gerontocrazia, ammantata di buonismo!
– Poi parte il mantra che le scuole sono focolai e nonostante la riapertura di aprile (ringraziamo in eterno gli studi di Sara Gandini e del suo staff) e nessun conseguente picco di contagi, nonostante sia evidente come il virus colpisca in modo grave gli anziani, mentre su bambini e ragazzi ha un impatto irrilevante, eppure loro sono ‘il problema’ perché possono veicolare il contagio. Cosa vera, per carità. Ma non trovate un tantino ossessiva questa narrazione, ancora presente nell’estate del 2021, quando finalmente gli anziani li avevamo messi in salvo vaccinandoli?
No, evidentemente ancora non bastava, ehh perché i ragazzi escono, fanno le feste con gli amici (e cosa dovrebbero fare, in estate, dopo un anno orribile?), e la movida, e i giovani che vanno sempre in giro tra cene e aperitivi (che poi io vedevo i quarantenni agli aperitivi, ma vabbé), e i ragazzi che non rispettano il distanziamento, non portano la mascherina (veramente sono quelli che la portano di più).
I ragazzi sono pericolosi per gli adulti, per gli anziani! Gerontocrazia, ancora!
– Infine, dopo aver tolto loro la scuola, dopo averli fatti tornare in presenza in modo vergognoso perché nulla è stato fatto per cambiare la scuola (classi pollaio: rimaste – nuovi spazi: non pervenuti – sistemi di ventilazione nelle aule: non messi – nuovi insegnanti: non assunti – progetti di outdoor education e di scuola diffusa sul territorio: manco a parlarne – e per finire protocolli identici o peggiori e la didattica più o meno sempre uguale, che sia dietro la cattedra o dietro a uno schermo), dopo aver tolto loro lo sport, dopo aver limitato la loro socialità, abbiamo pensato bene di vincolare i ragazzi della fascia di età 12-19 anche al green pass, e poi al super, con tutte le tensioni sociali che questo strumento ha creato negli ultimi sei mesi. Non voglio entrare nel merito della questione, chi mi conosce sa come la penso, ma possiamo fermarci un attimo e chiederci se fosse davvero necessario coinvolgere anche i minori in questo sistema di vincoli, regole e limitazioni? Molti Stati in Europa hanno fatto una capillare ed efficace campagna vaccinale concentrandosi sugli adulti e, ovvio, sugli anziani, ma sui giovani non hanno messo vincoli o limitazioni. Il che non vuol dire che non abbiano vaccinato, badate bene! Vincolo e opportunità hanno valenza molto diversa. Che sui giovanissimi, in Italia, nello stile della campagna vaccinale, ci sia stato una sorta di ricatto morale in nome della loro libertà è evidente, ed è stato fatto, ancora una volta, perché quelli da salvaguardare erano gli anziani e gli adulti. Gerontocrazia, appesantita dal senso di colpa!
Io mi chiedo: ma che razza di società è quella che chiede continui sacrifici e sforzi ai più giovani per proteggere gli adulti e gli anziani? Quella che non mette come priorità il benessere dei quindicenni, ma quello dei settantenni?
Lo so, sembra amorale il mio pensiero, non travisate le mie parole,vi prego: non sto dicendo che dobbiamo fregarcene dei vecchi e se muoiono pazienza. Per carità!
Possiamo però chiederci se non sia amorale il pensiero opposto? Quello che, in due anni, non ha fatto nulla per preservare la salute mentale e psicologica dei giovanissimi e non ha cambiato di un millimetro l’approccio, nonostante diversi studi pubblicati da psicologi e neuropsichiatri sul malessere giovanile (aumento di casi di depressione, disturbi dell’umore, insonnia, disagio psichico, autolesionismo, ansia sociale, iper-connessione patologia, abbandono scolastico).
Che società è quella che oggi sta impedendo ad una parte di minorenni di salire su un autobus o di fare sport, quella che non mette la scuola al centro di ogni priorità, quella che non la considera un bene essenziale, quella che, palesemente, non sta investendo nella formazione e in un’istruzione di qualità per le giovani generazioni, quella che ha permesso che la scuola scendesse in un baratro di disfunzioni sempre più grande? E’ una società gerontocratica, è evidente!
C’è del dolo, signori, dobbiamo ammetterlo.
Sulla scuola non si è fatto nulla perché non si è voluto fare nulla, e del malessere psicologico dei giovani non se ne sono occupati, un po’ per incapacità un po’ per malevoli intenzioni; d’altronde già nell’era pre-Covid l’aumento della disoccupazione giovanile, l’alto tasso dei Neet (giovani che non studiano e non lavorano, né lo cercano), il numero di laureati più basso d’Europa e il fenomeno della fuga dei cervelli, ci dicevano che questo non era un paese per giovani.
La pandemia ha solo peggiorato le cose, o è stata forse un inconsapevole pretesto per mantenere lo status quo.
Non sia mai che i giovani se ne accorgano, posino la birretta e il cellulare, riprendano seriamente in mano i libri e la cultura, rompano l’incantesimo gerontocratico … e inizino a ribellarsi.
Non sia mai …