Eccoci qui, un nuovo anno scolastico alle porte, e fioccano auguri a destra e a sinistra.
Quest’anno più che i soliti auguri io vorrei proprio fare un invito, quasi una supplica.
Cari docenti, se non lo avete già fatto negli ultimi anni, è tempo di cambiare.
Di usare il pensiero divergente, di uscire dai soliti schemi che si ripetono da anni.
Soprattutto alla scuola secondaria, va detto. Soprattutto alle superiori.
La scuola primaria, negli anni, ha attivato movimenti innovativi.
Lo vedete anche voi, vero, che la nostra scuola italiana, fatte salve alcune rare e virtuose eccezzioni, è ormai anacronistica e troppo spesso scollegata dalla realtà?
Lo vedete anche voi, vero, che i ragazzi e le ragazze sono sempre più demotivati, disinteressati, difficili da agganciare?
E che i bambini sono sempre più agitati, ascoltano poco, sono litigiosi e reattivi?
Lo vedete anche voi, vero, che lavorare con le famiglie è diventato sempre più complesso e difficile, che i genitori di oggi sono spesso confusi e disiorientati, e che dopo anni di tentativi (impropri) di tenerli fuori dalla scuola è venuto il tempo di imparare a farli stare dentro la scuola, ma con la giusta misura e gestendo il confine?
Avete chiaro, vero, che oggi chi lavora a scuola non può più occuparsi solo di bambini o adolescenti, ma anche delle loro famiglie – soprattutto fino alla fine della scuola media – perchè i genitori di oggi hanno bisogno di essere supportati, orientati nelle scelte pedagogiche, ascoltati, capiti, rinforzati.
Non di essere giudicati, convocati solo quando le cose non vanno, colpevolizzati.
Fare l’insegnante, oggi, significa essere un appassionato di relazioni, più che della didattica e della proria disciplina.
Devono proprio piacervi i bambini, i ragazzi e i loro genitori, prima ancora che vi piaccia la vostra materia,
Insegnare, oggi, è questo. E’ accudire relazioni, è favorire percorsi di crescita, è tirar fuori competenze, includendo tutti.
Bisogna aver voglia di cogliere questa complessa sfida educativa, bisogna avere il coraggio di rivedere le priorità (prima viene la costruzione di un buon gruppo classe, e in un secondo tempo il programma da fare!), bisogno avere voglia di rinnovare il proprio stile di insegnamento, bisogna capire bene cosa è funzionale all’apprendimento per questa nuova Generazione Z, bisogna ripensare il sistema di valutazione che sta ingabbiando sempre di più gli studenti in un nonsenso pedagogico.
Anzi, bisogna solo iniziare ad applicare tutte le proposte innovative, sia sulla didattica che sulla valutazione, che da anni sono state sperimentate e le trovate già nei libri.
La scuola non può più essere quel didattificio che vedo troppo diffuso, dove la lezione frontale la fa da padrone, dove gli studenti subiscono quello che Daniela Laucangeli ha egregiamente definito l’ingozzamento cognitivo, nozioni su nozioni che gli studenti appiccicano a memoria in vista della verifica, per tolgono dalla memoria per fare spazio al prossimo argomento!
La scuola non può più essere quel luogo dove si continuano ad usare i voti come motivazione, le note disciplinari come monito, e le bocciature come minaccia.
Vi prego, vi supplico, non posso pensare di vedere ancora un anno fotocopia degli altri, non dopo questi ultimi 3 anni (una grande fatica e una grande occasione di cambiamento mancata!), non ora che molti adolescenti si sentono persi, demotivati, in ansia, e che vorrebbero trovare nella scuola qualche stimolo positivo.
Perchè vi garantisco che, bambini e ragazzi, ogni volta che iniziano un nuovo ciclo scolastico, generalmente sono motivati, incuriositi, ingaggiati.
Non è vero che questa generazione è apatica, annoiata, svolgiata.
Forse dovremmo semplicemente chiederci cosa non stiamo riuscendo a fare noi adulti, nei contesti scolastici, per tenere vivo il loro interesse e la loro motivazione.
E da lì partire per modificare, divergere il pensiero, rinnovare, insomma per CAMBIARE!
Avete presente il celebre aforisma di Plutarco “i giovani non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere?”
Bene, direi che è proprio venuto il tempo, allora, di fare qualche scintilla in più per tenere accesi questi fuochi..
Insegnare è far ardere le anime degli studenti.
